N. 8/2025
Abusivo frazionamento del credito alla luce della sentenza n. 7229 del 19 marzo 2025 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione
Il frazionamento del credito si configura quando l’attore, titolare di un unico diritto di credito, lo “fraziona” in più parti, che fa valere in distinti giudizi.
Fintanto che quest’evenienza derivi dal fatto che magari una parte del quantum del credito sia ancora da accertare o che magari l’attore desideri giovarsi di un rito processuale più snello per ottenere una maggiore e più efficiente tutela alle proprie ragioni creditorie di certo non può ravvisarsi alcun abuso di frazionamento del credito.
Di contro quando invece il frazionamento della pretesa creditoria viene effettuato per trarne vantaggio ai danni del convenuto, per esempio con l’obiettivo di lucrare sulle spese di lite o di introdurre la controversia davanti ad un altro giudice (es. Giudice di Pace) affinché il giudizio sia gratuito dal punto di vista fiscale, se ne ricorrono i presupposti, la fattispecie è stata ricondotta dalla giurisprudenza alla discussa figura dell’abuso del processo, che consiste nella distorsione o, più precisamente, nello “sviamento” dello scopo di un atto processuale, anche attraverso l’uso strumentale del diritto d’azione.
Ciò premesso, l’evoluzione della giurisprudenza di legittimità sul tema del frazionamento del credito esprime il progressivo cambiamento che, come è stato osservato, «dalla discrezionalità e l’arbitrio nell’esercizio dei diritti conduce, con gradazioni diverse, alla sindacabilità e al controllo».
Giova innanzitutto ricordare che in merito al frazionamento del credito è stato richiamato frequentemente l’art. 1375 cod. civ. che, come è noto, prescrive che il contratto debba essere eseguito secondo buona fede. Tale clausola generale indica che i contraenti devono comportarsi secondo correttezza, attuando il regolamento contrattuale in maniera tale da preservare l’assetto dell’operazione economica che hanno inteso determinare nel modo che la prassi negoziale ritiene, appunto, corretto e quindi dovuto.
La Corte di Cassazione, nell’affrontare il problema del frazionamento del credito, ricondotto ora all’abuso del diritto, ora all’abuso degli strumenti processuali, ha fatto riferimento alla suddetta clausola generale del dovere di correttezza nei rapporti obbligatori, nonché ai principi del giusto processo. In particolare, la giurisprudenza, nel considerare l’ammissibilità del frazionamento del credito, si è rifatta all’art. 1175 cod. civ. e, soprattutto, all’obbligo di comportarsi secondo buona fede nell’esecuzione del contratto, ex art. 1375 cod. civ., che perdura anche nel momento in cui il contratto si realizza nella dimensione processuale.
Dopo anni di orientamenti contrastanti, con sentenza del 10 aprile del 2000, n. 108, a Sezioni Unite, il Collegio stabilì l’ammissibilità della proposizione di domande separate per la riscossione di un unico credito, usando come argomento portante l’art. 1181 cod. civ. e la possibilità del debitore di adempiere parzialmente alla propria obbligazione. Dopo circa sette anni le Sezioni Unite cambiarono orientamento affermando che il creditore di una somma di denaro non può frazionare la richiesta di adempimento dell’unico credito in diverse domande giudiziali (cfr. sent. n. 23726 SS.UU.) aggravando così oltremodo la posizione debitoria, sia sotto il profilo dell’allungamento dei tempi di liberazione dall’obbligazione, che delle spese di lite e dell’attività difensiva e con il rischio sempre più probabili di giudicati contraddittori sullo stesso rapporto.
Le Sezioni Unite motivarono il proprio cambiamento di rotta sulla base dell’evoluzione del quadro normativo, che impone particolare attenzione ai valori della buona fede e della correttezza, da ricondurre ai doveri costituzionali di solidarietà politica, economica e sociale di cui all’art. 2 della Costituzione e rifacendosi al canone del giusto processo e della ragionevole durata.
Ciò premesso recentemente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 7299 del 19 marzo 2025 (Pres. D’Ascola, Rel. Rubino), si sono espresse nuovamente sulla questione dell’abusivo frazionamento del credito da parte del creditore, con particolare riferimento alla sanzione dell’improcedibilità per tale ingiustificata domanda frazionata, enunciando i seguenti principi di diritto:
a) in tema di abusivo frazionamento del credito, i diritti di credito che, oltre a fare capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche in proiezione iscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato oppure fondati sul medesimo o su analoghi fatti costitutivi il cui accertamento separato si traduca in un inutile e ingiustificato dispendio dell’attività processuale, non possono essere azionati in separati giudizi, a meno che non si accerti la titolarità, in capo al creditore, di un apprezzabile interesse alla tutela processuale frazionata, in mancanza del quale la domanda abusivamente frazionata deve essere dichiarata improponibile, rimanendo in ogni caso impregiudicato il diritto alla sua riproposizione unitaria;
b) qualora non sia possibile l’introduzione di un giudizio unitario sulla pretesa arbitrariamente frazionata, per l’intervenuta formazione del giudicato sulla frazione di domanda separatamente proposta, il giudice è tenuto a decidere nel merito sulla domanda anche se arbitrariamente frazionata, e terrà conto del comportamento del creditore in sede di liquidazione delle spese di lite, escludendo la condanna in suo favore o anche ponendo in tutto o in parte a suo carico le spese di lite, ex artt. 88 e 92 primo comma c.p.c., integrando l’abusivo frazionamento della domanda giudiziale un comportamento contrario ai doveri di lealtà e probità processuale.
Nello specifico la suddetta statuizione è importante in quanto delinea il modus operandi al quale il Giudice deve attenersi di fronte ad una fattispecie che rende ipotizzabile un abuso frazionamento del credito.
Nello specifico:
– a fronte di una suddetta fattispecie la questione è sollevabile dalle parti o anche d’ufficio dal giudice;
– qualora la rilevi d’ufficio, il giudice la deve comunque sottoporre all’attenzione delle parti in contraddittorio, concedendo termini per le memorie anche allo scopo di consentire l’eventuale modifica o integrazione della domanda;
– se, analizzata la questione in contraddittorio, il giudice ritenga di trovarsi di fronte ad un abusivo frazionamento della pretesa creditoria, deve innanzitutto verificare se sia possibile l’impiego degli strumenti messi a disposizione dal codice di rito per convogliare la decisione sull’intera pretesa dinanzi a sé, quali la riunione ex art. 274 c.p.c. se pendono dinanzi ad uno stesso ufficio giudiziario. A tal proposito, la Suprema Corte già con la sentenza n. 9488 del 2014 aveva affermato la necessità di disporre la riunione anche in sede di legittimità, ove solo in questa sede emerga un ingiustificato frazionamento soggettivo delle azioni in giudizio;
– quindi, deve procedere a verificare se la parte abbia agito mossa da interesse oggettivo all’accertamento separato, laddove l’interesse oggettivo deve intendersi come un interesse non di mero fatto ma ritenuto meritevole di tutela dall’ordinamento. A questo proposito, deve ritenersi che l’aver a disposizione la prova privilegiata che consente l’accesso ad una tutela più veloce o a contraddittorio differito solo per una parte del credito possa integrare di per sé un interesse meritevole di tutela, non potendosi arrivare all’eccesso di affermare che gli strumenti alternativi di più rapida soddisfazione dei crediti predisposti dall’ordinamento siano in ogni caso preclusi quando i crediti si iscrivano in un unico rapporto nel senso anzidetto (v. Cass. n. 19048 del 2021, che a proposito del legittimo esperimento prima dell’azione cartolare e poi, con separato procedimento, dell’azione causale per la parte di credito non garantita dalle cambiali ha affermato che l’oggettivo interesse del creditore ad agire inizialmente con lo strumento giudiziario più spedito esclude il divieto di parcellizzazione della domanda giudiziale). Il giudice deve in ogni caso motivare, sulla sussistenza o l’insussistenza di un interesse che giustifichi il frazionamento della domanda;
– qualora ritenga abusivo il frazionamento, dovrà di regola pronunciare l’improponibilità della domanda, con la precisazione che si tratta di pronuncia solo in rito, il che non osta alla proponibilità della domanda nella sua interezza;
– qualora, infine, accerti che non si tratterebbe di una pronuncia solo in rito, perché la domanda non sarebbe più riproponibile unitariamente in un diverso giudizio, il giudice deve pronunciarsi ugualmente sul merito della pretesa, anche se ritenga la domanda abusivamente frazionata, potendo sanzionare in questi casi il comportamento del creditore, non conforme ai doveri di lealtà e probità processuale, mediante la regolamentazione delle spese di lite, fino a porle a carico, con valutazione discrezionale motivata ex artt. 88 e 92 c.p.c., in tutto o in parte a carico del creditore la cui domanda sia stata accolta.
Avv. Mauro Milone
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