Cessione dei crediti: inammissibilità della prova per testimoni
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N. 13/2025

Cessione dei crediti: inammissibilità della prova per testimoni

Tribunale di Milano, Sezione VI, sentenza del 30 aprile 2024, n. 4630

Introduzione

Nel contesto del contenzioso bancario, il tema della legittimazione attiva nel caso di crediti ceduti riveste un’importanza fondamentale. Una recente pronuncia del Tribunale di Milano, Sezione Sesta Civile (Sentenza n. 4630 del 30 aprile 2024), offre un chiarimento significativo in merito alle modalità probatorie necessarie per dimostrare l’avvenuta cessione di crediti, in particolare nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione. Il provvedimento esamina i limiti della prova testimoniale e per presunzioni, fornendo indicazioni preziose per gli operatori del diritto.

Il Fatto e il Diritto

La vicenda ha origine dall’opposizione a un decreto ingiuntivo avanzata da un soggetto, Parte 1, contro la società cessionaria CP 1. L’opposizione era fondata sulla contestazione della titolarità del credito da parte di CP 1, che non era riuscita a fornire una prova adeguata dell’avvenuta cessione.

Il Tribunale ha accolto l’opposizione, ribadendo un principio consolidato ma spesso frainteso: la pubblicazione dell’avviso di cessione in Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell’articolo 58 del Testo Unico Bancario (TUB), ha la sola funzione di rendere l’operazione opponibile a terzi e non costituisce prova dell’effettiva cessione del credito.

Il Giudice ha quindi affrontato la questione centrale: come si prova la cessione di un credito? Sebbene la legge non richieda la forma scritta ad substantiam per la validità del contratto di cessione, il problema si sposta sul piano della prova (ad probationem). Il Tribunale ha escluso categoricamente l’ammissibilità della prova per testimoni e per presunzioni per contratti di grande rilievo come quelli di cartolarizzazione. Il Giudice ha affermato che tali accordi non possono essere equiparati a contratti di minor valore e complessità.

La sentenza ha altresì risolto il dibattito giurisprudenziale sulla rilevabilità d’ufficio dell’inammissibilità della prova testimoniale. Il Tribunale ha aderito all’orientamento più recente della Corte di Cassazione (SS.UU. n. 16723/2020), il quale stabilisce che l’inammissibilità della prova testimoniale, quando la forma scritta è richiesta solo ad probationem, non può essere rilevata d’ufficio dal giudice. Tale regime, infatti, tutela un interesse privato e non pubblico, e spetta alla parte interessata sollevarne l’eccezione.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

Conseguentemente, il Tribunale ha revocato il decreto ingiuntivo, ha respinto la domanda di CP 1 e ha condannato la società alle spese legali.

Questa sentenza, pur riconoscendo la necessità di un’eccezione di parte, sottolinea l’inadeguatezza della prova testimoniale e per presunzioni per dimostrare la titolarità di un credito in operazioni complesse. Per i professionisti del settore, ciò si traduce in una conferma robusta: la prova documentale, ovvero il contratto di cessione stesso, è l’unico strumento idoneo e sufficiente a supportare la propria legittimazione attiva in giudizio. La mera pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, o dichiarazioni della cedente prive di valore probatorio, non sono sufficienti per superare una contestazione di parte.

La pronuncia del Tribunale di Milano rappresenta dunque un punto di riferimento importante, in quanto riafferma la centralità della prova documentale nei contenziosi bancari e invita alla massima diligenza nella gestione delle operazioni di cessione dei crediti.

Avv. Marco Morea

(riproduzione riservata)

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PUBBLICATO IL

07 / 09 / 2025

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