Il procedimento d’ingiunzione semplificato: verso una redistribuzione delle funzioni nel sistema della tutela del credito
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N. 18/2025

Il procedimento d’ingiunzione semplificato: verso una redistribuzione delle funzioni nel sistema della tutela del credito

Il ricorso per decreto ingiuntivo rappresenta uno degli strumenti più diffusi – e, al contempo, più gravosi per gli uffici giudiziari – nell’ambito della tutela monitoria. La natura cartolare del procedimento, fondata quasi esclusivamente sulla verifica documentale dei presupposti dell’azione, lo ha trasformato negli anni in un vero e proprio collo di bottiglia, al quale i giudici, specialmente dei piccoli uffici, destinano tempo e risorse sproporzionati rispetto alla complessità giuridica delle questioni da decidere.

È in questo scenario che si colloca il Disegno di legge oggi all’esame della Commissione Giustizia del Senato. La proposta mira a introdurre un Capo I-bis nel Titolo I del Libro IV del Codice di procedura civile, istituendo un procedimento d’ingiunzione semplificato destinato ai crediti di modesta entità. Si tratta di un intervento normativo che, se approvato, inciderebbe in modo significativo sull’equilibrio tra funzione giudiziale e attività del libero professionista, attribuendo all’avvocato il potere di emettere l’atto monitorio per importi fino a diecimila euro.

  1. La struttura del nuovo procedimento e il ruolo attribuito all’avvocato

L’elemento centrale del progetto consiste nella possibilità, per il creditore assistito da un avvocato, di ottenere un atto equiparato al decreto ingiuntivo senza necessità di investire immediatamente un giudice. L’avvocato, previo accertamento della sussistenza dei presupposti richiesti dagli articoli 633 e seguenti – documenti giustificativi, certezza e liquidità del credito, esigibilità – redige un atto che contiene gli stessi avvertimenti del decreto tradizionale: possibilità di proporre opposizione, termini per l’impugnazione, conseguenze della mancata opposizione.

Il professionista diventa così il primo filtro del sistema monitorio. L’emissione dell’atto non è più una prerogativa esclusiva dell’autorità giudiziaria, almeno nei casi in cui la verifica da compiere è strettamente cartolare.

L’innovazione non è isolata in Europa. Ordinamenti come quello tedesco, austriaco e spagnolo conoscono da tempo modelli di tutela monitoria automatizzati o con forte delega a soggetti diversi dal giudice, proprio nell’ottica di alleggerire il carico degli uffici giudiziari e concentrare l’attività del magistrato sulle controversie che richiedono l’effettivo esercizio della giurisdizione.

  1. Le ragioni dell’intervento: crisi strutturale degli uffici giudiziari e impatto della riforma Cartabia

Il legislatore muove da evidenze ormai difficilmente controvertibili. In alcuni uffici giudiziari la gestione delle ingiunzioni è diventata insostenibile: tempi di emissione che superano, talvolta, anche l’anno; sospensioni dovute a carenze di personale amministrativo; impossibilità di dedicare energie a procedimenti che richiederebbero un esame più approfondito.

A ciò si aggiunge la progressiva estensione della competenza del Giudice di Pace prevista dalla riforma Cartabia. L’ampliamento per valore è già divenuto effettivo; quello per materia, fissato al 31 ottobre 2025, rischia di sovraccaricare ulteriormente uffici già in difficoltà. In questo contesto, continuare a convogliare sulle cancellerie un numero elevatissimo di ricorsi per ingiunzione appare, sotto molti profili, irrazionale.

Il nuovo procedimento risponde dunque a un’esigenza urgente: ridurre il peso del monitorio sugli uffici, mantenendo però un controllo giurisdizionale a valle, sufficiente a garantire i diritti del debitore.

  1. Il controllo del giudice: la declaratoria di esecutività e la verifica dei presupposti

La sottrazione della fase di emissione non elimina, come detto, il ruolo del giudice. Qualora non sia proposta opposizione, o l’opponente non si sia costituito, il creditore può chiedere al giudice competente di dichiarare l’atto esecutivo.

A questo punto, il magistrato è chiamato a verificare:

  1. la sussistenza dei presupposti indicati nel nuovo art. 656-bis c.p.c.;
  2. la correttezza della notificazione dell’atto redatto dall’avvocato;
  3. l’eventuale presenza di vizi che pregiudichino la validità dell’ingiunzione.

Se la verifica ha esito positivo, l’atto acquista efficacia esecutiva e può essere utilizzato per avviare l’esecuzione forzata. Il procedimento conserva dunque una dimensione giurisdizionale, seppur spostata in avanti, in una fase successiva alla verifica cartolare effettuata dall’avvocato.

  1. Nullità dell’atto, restituzioni e sanzioni: un sistema di responsabilità equilibrato

Il legislatore non trascura il rischio che il trasferimento di funzioni all’avvocato possa dar luogo a condotte superficiali o strumentali. Per questo prevede una serie di contrappesi.

Se il giudice, nella fase successiva, rileva che l’atto d’ingiunzione è stato emesso in assenza dei presupposti previsti:

  1. dichiara la nullità dell’ingiunzione;
  2. ordina la restituzione immediata delle somme eventualmente corrisposte dal debitore;
  3. condanna il creditore al pagamento di una somma pari al doppio del contributo unificato che sarebbe stato dovuto per instaurare un ordinario procedimento monitorio.

Questa previsione ha una duplice funzione: ripristinare gli effetti economici dell’atto illegittimo e disincentivare l’uso improprio dello strumento semplificato. Il sistema mira così a garantire una tutela effettiva del debitore, evitando che la maggiore agilità del procedimento possa tradursi in una compressione delle garanzie difensive.

Sul piano disciplinare, la norma individua una nuova ipotesi di illecito professionale: l’omessa verifica – con dolo o colpa grave – dei presupposti per l’emissione dell’ingiunzione. Il ruolo dell’avvocato non è dunque quello di mero esecutore, ma di garante della corretta instaurazione del procedimento, con responsabilità che si estendono anche in sede deontologica.

  1. Precedenti legislativi e prospettive di approvazione

Una proposta di segno analogo era stata presentata nel 2019, ma non aveva ottenuto il necessario consenso parlamentare. All’epoca, la resistenza derivava principalmente dal timore di attribuire al professionista poteri considerati troppo vicini a quelli giurisdizionali.

Oggi il quadro è mutato:

  1. l’aumento costante dei ricorsi monitori;
  2. le inefficienze accentuate dalla pandemia;
  3. la riforma Cartabia che amplia la competenza del giudice di pace;
  4. la crescente diffusione di modelli di giustizia “leggera” in ambito europeo.

Questi elementi contribuiscono a rendere la proposta non solo più attuale, ma anche più accettabile sul piano culturale e istituzionale. La dottrina, in una parte sempre più significativa, riconosce infatti che l’emissione dell’ingiunzione costituisce un’attività priva di valutazioni discrezionali, idonea a essere svolta – con adeguate garanzie – anche da soggetti diversi dal giudice.

  1. Considerazioni conclusive: verso una nuova architettura della tutela monitoria

L’introduzione di un procedimento d’ingiunzione semplificato segna un passo importante verso una riorganizzazione razionale del sistema di tutela del credito. Non si tratta semplicemente di velocizzare una procedura: la riforma interviene sull’architettura complessiva del monitorio, distinguendo tra attività che richiedono l’intervento del giudice e fasi che possono essere affidate a soggetti qualificati esterni all’apparato giudiziario.

L’attribuzione all’avvocato del potere di emettere un atto monitorio rappresenta, in questa prospettiva, una scelta di sistema: valorizza la professionalità del legale, responsabilizzandolo; libera gli uffici giudiziari da oneri amministrativi; accelera la tutela del credito nelle ipotesi più semplici.

Resta da verificare come il Parlamento accoglierà la proposta, ma la direzione sembra tracciata: rendere il processo civile più efficiente non significa necessariamente aumentare il numero dei giudici, bensì ripensare la distribuzione delle funzioni, concentrando la giurisdizione sui casi che davvero la richiedono.

Avv. Chiara Trapasso

(riproduzione riservata)

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PUBBLICATO IL

13 / 12 / 2025

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